Tutto sta nel nome

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TUTTO STA NEL NOME

spettacolo teatrale sul tema della Shoah

con Francesca Botti

e alla chitarra Paolo Marocchio

Sul palco una donna e un musicista. Un leggio, una chitarra, fogli sparsi.Questa donna accoglie il pubblico e inizia un gioco sul nome. Il nome, come il colore della pelle, come l’abito che indossi, come i pensieri che hai in testa, può farti rischiare la pelle. Oggi come ieri. Non vi pare?

Si chiama Marcelle, una farmacista atea, scorbutica e severa, che viene da un paesino nella campagna di Bruxelles. Cercando tra i suoi fogli, perchè la memoria a volte inciampa e si perde, racconta da sempre una storia, una per tutte: quella dei ragazzi a cui è stata strappata l’infanzia. Eccola qua allora, la storia del bambino Joseph, con un cognome che negli anni in cui è vissuto proprio non andava bene.

Siamo in Belgio, nel 1945, a Villa Gialla, un collegio-orfanotrofio, dove i bambini accolti da Padre Pons sperano prima o poi di esser riconosciuti dai loro genitori scampati alla guerra. Tra di loro, nascosti, ci sono anche bambini ebrei. Marcelle, nella clandestinità di casa sua e in accordo con il prete, crea per ognuno di loro un nuovo passaporto con un’identità falsa.

Tra tutti Marcelle si affeziona a Joseph e di lui ci racconta le sue vicissitudini.

Gli insegna a mentire per salvargli la vita, gli chiede di rinunciare alle proprie radici, alla propria famiglia per poter sperare un giorno di reincontrarla e tornare a vivere la vita di sempre.

Da Padre Pons Joseph impara a conoscere i riti cristiani per confondersi tra gli altri e sottrarsi alla deportazione. Ma con il tempo tutta questa paura, tutto questo orrore, tutte queste menzogne non faranno dimenticare ai bambini chi sono e da dove vengono?

La bestialità nazista rischia di cancellare un mondo intero, una cultura con la sua tradizione, la sua storia, i suoi libri. Padre Pons questo mondo vuole salvarlo ma per far questo occorre un luogo segreto: una cripta che si trasforma in un’arca magica e assoluta.

Marcelle nel finale svela la sua di storia.

Ora lei è nel “vento” e spera che a raccogliere i fogli (della storia) della sua memoria e leggerli uno a uno siano i vivi non i morti!

Ricordate i morti ma ricordateli vivi” Ascanio Celestini.

“Il bambino di Noè” è un romanzo ispirato ad una storia vera “ Un piccolo capolavoro dove l’elemento fiabesco e quello storico si alternano in umane vicende che tessono la trama fitta dell’esistenza” La Sicilia.

La lettura-spettacolo si propone di entrare nell’argomento in punta di piedi, con delicatezza e rispetto coinvolgendo il pubblico con un sorriso, senza calcare la mano sulle atrocità dell’olocausto. Tuttavia, una volta conquistata l’attenzione, è impossibile non rimanere toccati dalla schiacciante realtà degli eventi, ed è difficile non provocare una riflessione su come tutto ciò sia ancora pericolosamente attuale.

Occorre un’Arca, un luogo protetto in cui difendere le differenze che la pazzia sterminatrice di alcuni uomini vuole azzerare. Quel luogo magico e prezioso siamo noi.

“Un inno ai valori umani dell’amicizia e della solidarietà, un omaggio al coraggio di quanti sono posseduti dalla follia dei giusti.”

Ogni bambino, ogni ragazzo nella sua crescita ha un filo che lo lega alle sue radici. Crescendo ognuno di noi fa la sua strada ma nessuno ha il diritto di interrompere quel legame che ci rende speciali e diversi uno dall’altro.

La musica è un secondo personaggio in scena, che accompagna la recitazione con brani della tradizione popolare ebraica, Yiddish e Sefardita, e con improvvisazioni di sostegno alle parole e all’azione teatrale.

La bellezza di questa musica è di riuscire a trasmettere con la stessa intensità sia felicità e gioia che sofferenza e malinconia.

In uno spazio scenico spoglio chitarra e due voci accompagnano lo spettatore nel cuore della vicenda: è un’opportunità per scoprire e condividere parte della cultura ebraica di cui si parla.

A chi è rivolta: alle classi medie

Durata: 60 minuti.

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