Le allegre comari

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da “Le allegre comari di Windsor” di Wiliam Shakespeare traduzione e adattamento a cura di Andrea Pennacchi
con Marco Artusi, Evarossella Biolo, Francesca Botti, Beatrice Niero regia di Marco Artusi
aiuto regia: Matteo Cremon
scena di David Riganelli

produzione Dedalofurioso/Matàz Teatro

 

La commedia racconta la vicenda di un maresciallo dell’esercito, vecchio play boy, improbabile tombeur des femmes, appena rifiutato dal suo nuovo re ed esiliato in provincia. Falstaff è costretto a Windsor dove il vitali- zio assegnatogli non gli basta mai. Per necessità e vanità (e perché lui le donne le “occhieggia tutte”) corteggia entrambe le due dame-leader del paese; le due scoprono il suo gioco e si vendicano pesantemente.

L’atmosfera in cui si muovono i personaggi ricorda in modo impressionante quella veneta. Windsor è fuori dalle grandi correnti che fanno la Storia, un’isola ferma in un mondo in crisi; la vita prosegue monotona, permeata da un perbenismo puritano di facciata, sotto il quale pulsano pruderie e desiderio represso.

Siamo noi le allegre comari, siamo noi i Ford, i Page e Quikly: vecchi abitanti e nuovi residenti perfettamente integrati nella provincia.
Ma forse in noi c’è anche un po’ di Falstaff, vecchio Don Giovanni che si crede forever young, peccatore impeni- tente che si rifiuta di rispettare quelli che lo circondano e di conformarsi alla morale piccolo borghese.

“Qui nell’operoso… Sudovest, locomotiva di Britannia, siamo
operosi, gaudenti e mona ma buoni no. Disperati, tanto. I soldi, schei, come dicono qui a Windsor, sono una

droga, bisogna essere operosi, per forza, e anche gaii. Come diceva quel papa? Gaudenti e disperati. Che belle parole. Sennò muoriamo. Ti uccide la provincia. O è la noia.”

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